Scambiamo il nostro tempo, le nostre competenze e, qualcuno, persino il proprio corpo in cambio di compensi. È il modo in cui la nostra società funziona.
Non c'è nulla di male a chiedere soldi in cambio di prestazioni, non sono uno che paga le bollette con le preghiere. Il vero problema nasce quando riduciamo tutto a questo.
Qualche giorno fa, una mia cliente storica mi ha sorpreso dicendomi:
"Grazie Paolo, grazie per tutto quello che fai per me. So che ti faccio disperare."
Queste parole, per me, hanno avuto più valore dell'intero onorario del 2024, anche se non glielo dico, ovviamente.
A casa mia si chiama "gentilezza", si chiama "gratitudine". Sono queste le cose che ci ricordano che il denaro, da solo, non basta a dare senso a ciò che facciamo.
Negli anni, ho imparato a selezionare clienti con cui posso costruire relazioni autentiche. Questo mi permette di lavorare con maggiore dedizione e di creare un ambiente in cui comprensione e umanità prevalgono sugli errori e sulle difficoltà.
Ritrovare gentilezza e gratitudine nel lavoro ci offre l'opportunità di vedere le relazioni professionali sotto una luce più autentica, dando valore a ciò che conta davvero.
Non dobbiamo commettere l'errore di dare al denaro un valore che non possiede.
Ispirato da: Kindness in a transactional world - Manu Moreale
La gentilezza autentica, priva di aspettative e riconoscimenti, può trasformare le relazioni in un mondo dominato da scambi transazionali, creando connessioni più profonde e significative attraverso piccoli gesti di empatia.